Voce inglese: disegno industriale. Progettazione, con intendimenti estetici, di
oggetti d'uso, per una loro produzione industrializzata. Nonostante la
diffusione dell'
i.d. si vada facendo sempre più larga, la sua
definizione continua ad essere piuttosto confusa. La prima delle condizioni
necessarie affinché un oggetto possa essere considerato come rientrante
nella categoria dell'
i.d. è che esso sia stato prodotto
esclusivamente attraverso mezzi meccanici, ossia senza alcun intervento manuale,
e che in esso sia presente una certa esteticità. L'utilità e la
funzionalità non sono sempre componenti essenziali ed indispensabili
dell'
i.d., in quanto esso può applicarsi anche ad oggetti inutili,
ossia con funzioni puramente ornamentali: soprammobili, oggetti decorativi.
• St. - Dopo l'avvento della rivoluzione industriale è potuta
iniziare la progettazione di modelli tali da poter essere prodotti in serie e,
quindi, la fabbricazione di oggetti di utilità pratica in grado di
soddisfare anche esigenze estetiche. L'
i.d. nacque come reazione alla
ripetizione in grandi serie di pezzi di pessima fattura, soprattutto quando si
cercava di imitare gli oggetti dell'artigianato tradizionale. Infatti, con
l'avvento dell'era industriale i sistemi più tipici di produzione
artigianale erano andati decadendo, sostituiti o da produzioni artigianali,
parzialmente meccanizzate, o da produzioni industriali totalmente meccanizzate
che, però, non presentavano sostanziali innovazioni formali, rimanendo
generalmente brutte imitazioni del passato. Il riconoscimento dell'importanza
dei nuovi metodi di progettazione e di lavorazione si ebbe dapprima nel campo
delle grandi opere di ingegneria. I primi validi risultati furono quelli
derivati dall'uso della carpenteria metallica, soprattutto nella costruzione di
ponti. Per quanto le prime realizzazioni risalgano agli ultimi decenni del XVIII
sec., la più ampia fioritura di opere di ingegneria si ebbe durante il
XIX sec. che, oltre a innumerevoli ponti, edifici industriali, magazzini, a
struttura interamente metallica, vide il sorgere di costruzioni quali il
Padiglione Reale di Brighton (1818-21), progettato da John Nash; la
Bibliothêque S.te Geneviève a Parigi (1849-53), di Henry Labruste;
Les Halles Centrales (1849-53) di V. Bultar, Les Halles des Machines e la Torre
Eiffel a Parigi. Processi analoghi e paralleli andavano nel frattempo
svolgendosi nel campo della vera e propria produzione industriale di oggetti in
serie. Ciò era evidente soprattutto negli Stati Uniti dove, con l'avvento
della rivoluzione industriale, intorno al 1800, data la difficoltà di
riparare gli utensili fatti a mano che i coloni s'erano portati dall'Europa,
furono presto adottati modelli di forme più semplici e concepiti con
economia di materiale. Gli inventori dei nuovi accorgimenti meccanici si
preoccuparono di abbellire i modelli in legno delle macchine (destinati a
diventare i prototipi di quelli di metallo). Tuttavia, contemporaneamente
all'imperversare di tali prodotti grotteschi, cominciò a emergere
un'estetica strettamente connessa con la funzione del prodotto, quale risultato
degli sforzi di più consapevoli inventori e ingegneri. William Morris
(1834-95), animatore del movimento inglese dell'Arts and Crafts, fu uno dei
primi a cogliere l'importanza dell'elemento estetico nel campo della produzione
di serie. La parte più nuda del suo insegnamento fu sviluppata dai suoi
discepoli, tra cui Walter Crane, W.R. Letaby, Charles Robert Ashbee, Lewis Day,
Philips Webbe ai quali si deve la progettazione dei migliori oggetti prodotti
nella seconda metà del XIX sec. Da alcuni dei principi di Morris trassero
ispirazione anche movimenti e artisti non inglesi tra cui Henri Van de Velde
(1863-1956), massimo esponente dell'Art Nouveau, che si dedicò alla
progettazione di oggetti d'uso. Frattanto, nuovi sviluppi autonomi si avevano
negli Stati Uniti: nel campo delle costruzioni era stato abbandonato il
convenzionale schema basato sull'impiego di pesanti travature e sode opere in
muratura, con l'adozione, a cominciare del 1833, di un nuovo sistema, il
balloon frame. Questo sistema utilizzò leggere assi di legno
inchiodate insieme, razionalizzando le tradizionali strutture in legno ai fini
di una produzione in serie che rese possibile l'erezione di centinaia di
migliaia di nuove case private, prefabbricate, in tutta l'America. Inoltre, nel
1854 James Bogardus aveva costruito il primo edificio a scheletro. Nel
frattempo, in Europa, sotto gli influssi dell'Art Nouveau si diffondevano vari
movimenti come lo Jugendstil in Germania, la Secession in Austria, il Liberty in
Italia. All'Art Nouveau si deve il merito di aver proposto alla creazione
architettonica e disegnativa moduli e decorazioni che astraevano completamente
da ogni ricordo stilistico precedente, ispirandosi ad elementi naturalistici,
specie floreali. È solo di recente che si è reso giustizia
all'importanza del movimento dell'Art Nouveau nel promuovere l'avvento di una
forma d'arte già decisamente industrializzata. Contro gli eccessi
dell'Art Nouveau si pronunciarono all'inizio del '900 gli architetti austriaci
seguaci di Otto Wagner (1841-1918), cui si deve il movimento della secessione
viennese. Ma il contributo maggiore alla soluzione del problema arte-produzione
industriale doveva venire dalle realizzazioni tedesche nel campo delle arti
applicate. Nel 1899 C. Rimmerschmid e K. Schmidt fondarono la Deutsche
Werkstatten, con lo scopo di risolvere il problema del mobile prodotto
meccanicamente. Muthesius fondò il movimento Deutscher-Werkbund con lo
scopo di favorire l'incontro tra architetti, decoratori, industriali per
l'elaborazione delle nuove teorie del disegno industriale. Con il 1920 ha inizio
uno dei periodi più importanti nell'evoluzione dell'
i.d.; in
quell'anno Walther Gropius, già allievo di Van de Velde, assunse la
direzione della Bauhaus (V.). Gropius intendeva
creare un'arte capace di raggiungere col minor costo il più alto livello
artistico e creare oggetti non destinati a ristrette élites, ma a tutte
le categorie sociali. Per i criteri adottati, per le personalità
artistiche chiamate da Gropius a collaborare e per la validità degli
oggetti progettati, la Bauhaus divenne l'esempio di scuola di architettura e
arti applicate moderne più famoso del mondo. Pertanto, varie
realizzazioni di questa scuola rappresentano tappe fondamentali del disegno
industriale, come, i mobili in tubo d'acciaio di Breuer, le seggiole metalliche
di Mies. Contemporaneamente anche in Olanda si andavano svolgendo importanti
ricerche nel campo della progettazione industriale, su proposta del movimento
neoplastico fondato dal pittore-architetto Theo Van Doesburg e dai pittori
Mondrian e Van der Leck. Con l'avvento del Nazismo e l'espatrio di quasi tutti i
migliori architetti e grafici, la Germania cessava di costituire un centro di
attiva ricerca e di altrettanto attiva produzione per l'arte moderna, mentre
iniziava una nuova fioritura e si istituivano nuovi rapporti tra arte e
industria negli Stati Uniti, dove si erano trasferiti molti artisti europei.
L'esempio può essere offerto dall'automobile Ford
modello T
(1909), risultato di un disegno semplificato e standardizzato al massimo. Ma sin
dall'inizio della produzione molti compratori si dimostrarono insoddisfatti del
suo aspetto troppo nudo. Pertanto, nel 1927 la Ford introdusse un nuovo modello,
anche con l'intento di allargare il mercato delle vendite. Si ebbero così
le degenerazioni dello
styling che, accentuando i fattori commerciali del
prodotto sottoposto ad una cosmesi spesso vistosa, travolse i migliori propositi
di maestri e allievi della Bauhaus trasferitisi negli Stati Uniti. Tra i
maggiori disegnatori che non mancarono di fare concessioni allo
styling,
si ricordano Walter Dorwin Teague, ideatore di oggetti tra i più diversi,
dai treni, alle automobili, ai frigoriferi sino al pacchetto delle sigarette
Lucky-Strike, Raymond Leow, cui si deve una delle migliori realizzazioni
automobilistiche, la Studebaker (1955); Henry Dreyfuss, consulente della Bell
Company e ideatore di diversi apparecchi telefonici. Questi ed altri disegnatori
consentirono all'
i.d. di evolvere verso nuove forme, come naturale
conseguenza della necessità di organizzare tutti i fattori connessi con
lo sviluppo, la produzione e la vendita di prodotti di largo consumo e che,
ormai, non costituivano di per se stessi più una novità e il cui
aspetto era perciò divenuto un fattore di primaria importanza. Con la
fine della seconda guerra mondiale si concluse definitivamente l'epoca americana
della Bauhaus e lo
styling prese il sopravvento dando vita a fenomeni
decisamente vistosi, soprattutto nel settore della produzione automobilistica.
Anche nella generazione successiva a quella dei
designer già
menzionati non mancarono creatori di grande valore, tra cui Charles Eames,
George Nelson, Muller Munck, Herbert Bayer, Louis Becvar, J.C. Shalvoy, Jay
Doblin, Elliot Noyes, J. Mango, D. Chapman, Don Defano, ecc. L'accentuazione
dello
styling si è accompagnata anche negli anni più
recenti a una sostanziale carenza di autentiche novità formali. L'esempio
di maggiore sobrietà formale è forse stato offerto in questi anni
dalla Gran Bretagna che annovera disegnatori di valore quali: Misha Black, noto
soprattutto per la progettazione di un locomotore e per i suoi arredamenti, A.
Bednall, J. White, R. Day, Roy Perkins. Anche la Germania, dopo la parentesi
nazista, ha visto una rifioritura dell'
i.d. favorita dall'istituzione in
pressoché tutte le facoltà di architettura di istituti di disegno
industriale. Essa annovera creatori quali: Wilhelm Wagenfeld (porcellane, vetri,
lampade, posate); Hugo Pott (posate); Max Bill (orologi) e, inoltre, H. Gigelot,
C. Auböck, T. Maldonado, H. Löffelhardt, alcuni dei quali sono
considerati tra i maestri del movimento europeo contemporaneo. Tra i
designer
francesi di maggior prestigio si ricordano: B. Le Croiset (pentole), T.
Mennier (radiatori elettrici), J. Viénnot (rasoi elettrici), J. Abraham e
H. de Looze (apparecchi igienici), ecc. Una posizione di primo piano occupano
anche i Paesi scandinavi, soprattutto nella progettazione di mobili e oggetti
casalinghi. Tra i più noti artisti si ricordano: i danesi Arne Jacobsen e
Fin Juhl; i finlandesi Tapio Wirkkala (posate di metallo e legno), Alvar Aalto,
Erik Herlöw e Tomod Olesen, Key Frank (oggetti di porcellana per la casa);
gli svedesi Sigvard Bernadotte, Acton Bjorn, Folke Arström, Arne Gillgren,
Sigurd Persson; i norvegesi Grete Corsmo, Willy Johansson, Björn Engö,
Jore Hjertholm, Karl Korseth, Birges Dahl (lampade), ecc. Rilevante anche la
posizione conquistata dai disegnatori giapponesi, fra cui Sori Yanaji, Isamu
Naguchi, Kenzo Tange, noti soprattutto per la progettazione di mobili, Shimazuma
(lampade), Awashima (vetrerie), Jamawachi, Watanabe, Kenmochi (arredamenti).
Quanto all'Italia, il suo tardivo sviluppo industriale attardò anche lo
sviluppo dell'
i.d., i cui processi si identificarono in buona parte con
quelli dell'architettura funzionale. Un risveglio della coscienza architettonica
e disegnativa si ebbe soltanto in epoca fascista e un'autentica presa di
coscienza del problema del
design dal punto di vista dell'applicazione
pratica si è avuta solo nel dopoguerra. I primi esempi più
significativi furono offerti dai
motorscooter (Vespa, Lambretta) e da
alcuni modelli di automobile che contribuirono a dimostrare l'importanza del
fattore estetico sulla vendibilità del prodotto. Questi ed altri esempi,
offerti successivamente, da altri settori industriali, in particolare le
macchine per scrivere Olivetti
Lexicon e
Lettera 22 (create da
Nizzoli) e le macchine per cucire Necchi e Borletti, create rispettivamente da
Nizzoli e Zanuso, contribuirono ad attrarre l'attenzione internazionale sul
disegno industriale italiano. Per i suoi aspetti anticonformistici esso
riuscì infatti ad imporsi nel decennio 1950-60 sia in Europa che negli
Stati Uniti, come elemento rivoluzionario che, però, è venuto a
mancare a cominciare dalla Triennale del 1960. Di nuovo negli anni Ottanta,
tuttavia, l'
i.d. italiano ha riconquistato una posizione di primo piano
grazie all'attività di Giugiaro (V.), il
noto designer che ha collaborato con l'industria automobilistica (Fiat, Seat) e
persino con l'industria alimentare (pastificio Voiello) per la realizzazione di
nuove linee e di nuovi prodotti. Lo spazio operativo dell'
i.d. si
è ampliato sempre più in prospettiva degli anni Novanta. La
più nuova area operativa per i
designer, in tutto il mondo e anche
in Italia, è diventata la progettazione di attrezzature per il collettivo
(
public design o
design urbano), ad esempio la pedonalizzazione
dei centri storici, ma anche interni di edifici destinati a una pubblica
fruizione (scuole, ospedali, tribunali). L'avvento dell'
office
automation, ha profondamente mutato il mondo del lavoro d'ufficio;
un'evoluzione radicale ha caratterizzato la progettazione degli arredi. A prova
dell'interesse suscitato dal settore, va sottolineato come, da qualche anno,
escano sempre più riviste dedicate esclusivamente a questo "pianeta",
proponendo i prodotti e le soluzioni più nuove che si vanno elaborando in
tutto il mondo. Anche l'ambito domestico si è andato modificando in
relazioni alle nuove esigenze della vita moderna. Ricordiamo che nel 1986 si
è celebrato il trentesimo anniversario dell'ADI, l'Associazione Italiana
per il Disegno Industriale. Fondata nel 1956, l'ADI è stata, e continua
ad essere, il motore per la diffusione del "made in Italy" nel mondo.